MATUTURA, il posto dove vorremmo stare. – primo giorno
voglio iniziare dalla fine, dal sapore che mi è rimasto dentro, dal sapore dolce e romantico di un viaggio meraviglioso, ricco di tutto quello che può offrire un posto unico al mondo: la Namibia.
Era tempo che desideravo fare quel viaggio e da esperto viaggiatore quale credo di essere mi ero preparato nel migliore dei modi: letture, guide e documentari, un salto nei negozi specializzati in abbigliamento d’avventura, una visita presso il Consolato di Namibia a Milano e l’incontro con Petter, il Console, persona straordinaria e preparata che mi ha fatto entrare nella destinazione ancora prima di partire.
PRIMO GIORNO
Partiamo. Mia moglie ed io alla conquista della terra dei diamanti, una terra ricca anche di contrasti, di deserti, animali, fiumi, persone, albe e tramonti.
Siamo in aeroporto e già respiriamo aria di vacanza, ci imbarchiamo sul volo Alitalia nel primo pomeriggio che ci porterà a Windohek dopo uno scalo a Francoforte. Voliamo leggeri, gonfi di entusiasmo. Il lungo stop che dobbiamo fare in Germania non ci disturba affatto e lo passiamo divertiti a scoprire i negozi di questo aeroporto-città. Velocemente arriva il momento di proseguire il nostro viaggio, prendiamo posizione nei posti assegnati e trascorriamo la notte coccolati dal meraviglioso personale di bordo dell’Air Namibia.
Ci svegliano all’alba per la colazione e mentre gustiamo un succo d’arancia iniziamo ad avere un anticipo di quelle che saranno le nostre prossime albe africane, rosse come non avevo mai visto.
Nel giro di pochi minuti il comandante ci informa che stiamo atterrando, che l’aria è fresca e il tempo sereno.
Non vedo l’ora di scendere dall’aereo e iniziare l’avventura, eccomi accontentato.
Scendiamo e subito ci rendiamo conto che le modernità alle quali siamo abituati qui non sono ancora arrivate, difatti ci incamminiamo a piedi verso l’area del ritiro bagagli, durante il tragitto sulla pista, ci imbattiamo in una moltitudine di innocue cavallette che ci faranno compagnia per buona parte del viaggio.
Ritiriamo i bagagli e dopo il controllo passaporto incontriamo Paola, la titolare dell’agenzia con la quale abbiamo prenotato il viaggio che sarà la nostra guida personale per tutta la durata del soggiorno.
Mi trovo di fronte una persona solare, simpatica e vestita da vera guida africana tutta di color kaki, gilet multitasche, bermuda, scarponcini, cappello ed occhiali. Mi piace, sono contento, ho già trovato un’amica.
Mettiamo da parte ogni formalità e partiamo dopo aver cambiato un po’ di soldi in aeroporto.
Come prima tappa, Paola ci suggerisce un caffè ed un giro in un negozio dove vendono tutto il necessario per la vita a contatto con la natura. Detto fatto, acquistiamo dei bermuda bellissimi, un piccolo cannocchiale (ne avevamo già uno grande), un coltello multiuso, un burro di cacao locale e un paio di torce.
Proseguiamo in direzione nord dopo aver fatto un breve giro del centro città per iniziare a conoscere le influenze tedesche sull’architettura. Dopo circa due ore di tragitto sulla nostra Jeep, ci fermiamo a Okahandja, dove iniziamo a scoprire l’arte della contrattazione in uno dei mercati all’aperto più belli di tutta la Namibia. Ogni artigiano ci vuole parlare e ci porta al suo banchetto per mostrarci le statuette in ebano e le sculture in pietra. Partiamo dopo mezzora solo con dei portachiavi fatti di semi e con dei pendagli raffiguranti i loro Dei.
Riprendiamo la strada in direzione Okonjima, dove ha sede l’Africat Fundation, una fondazione per la protezione e il reinserimento dei ghepardi. Lasciamo la strada asfaltata e iniziamo a percorrere chilometri nella riserva privata. Rimango sconvolto dall’altezza dei formicai che in alcuni casi superano i tre metri, il paesaggio inizia a modificarsi e la pianura lascia il posto a formazioni rocciose dai colori che vanno dal rosso al viola e poi al marrone che sembra metallizzato, il tutto circondato da una vegetazione che spazia tra le molteplici tonalità del verde. Mi fermo, sono elettrizzato, inizio a sentire il brivido dell’Africa addosso, i colori sono meravigliosi e fanno un contrasto incredibile con il cielo; proseguiamo e dopo circa venti minuti giungiamo alla prima destinazione: l’Okonjima Bush Camp.
Siamo accolti dalla direttrice una squisita signora che ci racconta brevemente la storia del Campo e poi, ci mostra quella che sarà la nostra stanza per la notte, una magnifica soluzione, un mix circolare di muratura e tende in perfetta armonia con la natura. La particolarità di questa sistemazione è proprio quella di avere delle tende mobili che consentono a piacimento di aprire una porta verso la savana. Stupenda !!
Ci ritroviamo dopo dieci minuti alla reception e iniziamo la prima vera escursione, saliamo sulla Range Rover del campo e con una preparatissima guida locale partiamo alla ricerca dei leopardi. Dopo alcuni fuoripista e qualche falso allarme, come un dio pagano, all’improvviso, ci compare un meraviglioso esemplare coricato su un alto ramo, l’emozione mi ha la meglio su di me e quasi non riesco a scattare neanche una fotografia. Mentre proseguiamo, veniamo contattati da un altro ranger che ci informa di un secondo leopardo pronto a sferrare l’attacco ad un branco di antilopi, corriamo e vediamo quello che tanta gente forse ha solo visto in televisione, una vera caccia, un inseguimento che ci paralizza e in un attimo, la fine della povera antilope. Abbiamo l’adrenalina a mille, un’agitazione indescrivibile che ci accompagnerà per il resto della giornata. Ci addentriamo sempre più nel bush e tra un ramo e un albero succede quello che i ranger temono: buchiamo una gomma.
Tutti giù dalla jeep, in cerchio intorno alla macchina, ognuno di noi con una torcia accesa e il ranger a cambiare la gomma, paura e sudore si mischiano all’adrenalina che inizia a scendere solo quando risaliamo sul mezzo e rientriamo al campo
Rientriamo in camera per una doccia e non ci rendiamo conto che sono già le 17,30 (a quell’ora inizia il tramonto) non abbiamo tempo però di goderci il tramonto in quanto abbiamo un appuntamento alle 18,30 per la cena. La notte ci riserverà altre sorprese. Una doccia veloce ed eccoci pronti, ci accomodiamo al nostro tavolo e Paola inizia a spiegarci le varie portate. A parte un pan focaccia degno di uno dei migliori panificatori di Genova, iniziamo a provare la carne degli ungulati (gazzelle ed affini) che troviamo deliziosa sia per gusto che per tenerezza, i dolci ci fanno impazzire, squsiti. Un caffè veloce e si riparte per l’escursione notturna, veniamo portati da un ranger in una postazione di osservazione dove vengono sistemati degli avanzi di cibo per attirare gli animali notturni, poi a intermittenza, si illuminata la zona e se si è fortunati si vedono animali che difficilmente si incontrano durante il giorno. Il silenzio è rotto da suoni sconosciuti che ci fanno accapponare la pelle ma l’attesa è ripagata con l’incontro di quattro istrici giganti e da tre iene.
Strafelici rientriamo alla base e poi con le nostre torce ci incamminiamo al bungalow, fatichiamo a ricordarci la strada dato che i camminamenti sembrano tutti uguali e le camere sono solo 13 e distanziate circa 80 metri una dall’altra, alla fine recuperiamo la base, siamo stanchissimi.
Prima di andare a dormire, ci godiamo dieci minuti alla luce delle stelle che qui sembrano caderti addosso, sono tantissime, in Italia non ne avevo mai viste tante, scorgo nitidamente la via lattea e mi beo di tutta quella bellezza. Dormo come un bambino, un sonno pesante, appagante e senza sogni. Un sonno ristoratore.
Sono le cinque meno un quarto quando mi sveglio, aspetto in silenzio l’alba seduto su una sdraio nel patio della mia camera, fa freddo, tanto freddo che devo mettermi il pile e la giacca a vento (l’escursione termica sarà una costante del viaggio) ma ho deciso, l’alba la voglio vedere da lì.
Ancora una volta mi accorgo di aver preso la giusta decisione, non avevo mai visto uno spettacolo del genere, preso dalla foga sveglio mia moglie che si copre di tutto punto e viene a godere con me di quello spettacolo meraviglioso e struggente quale l’alba Africana. Sono estasiato nel vedere di cosa è capace la natura, senza rendermene conto mi commuovo e due lacrime scendono sulle mie guance, ma stranamente sono dolci, o forse sono io a crederlo. Via, una doccia e ci incontriamo nella hall per la colazione ricchissima, poi partiamo per proseguire l’escursione nel mondo dei felini.