LAURA E ALE

 

Una notte in cui la luna illuminava il grande plateau di Kalongo, abbiamo giocato a carte senza lampadine né candele. Tutto intorno era cobalto e argento, ombre di foglie su altre foglie, ombra dell’erba sull’erba, ombra degli alberi sui tetti. Il cielo era mozzafiato, miliardi di stelle, e la via Lattea era una nube di cui percepivamo il volume. Eppure non c’era una stella che riconoscessi: non trovavo il grande carro, né la stella polare, né Betelgeuze. Non vedevo Orione e questo mi faceva sentire nudo.

Quando ero molto piccolo mi insegnasti che la stella alla cintura dell’arciere era la stella del nonno, e a me d’inverno piace cercare quella stella. Mi dà sicurezza. Ma in Uganda niente da fare, era introvabile. Per quanto meravigliosa, la mappa del cielo era a me ignota e incomprensibile. Il cielo divenne la mia metafora dell’Africa.

Prova quindi a immaginare, papà, il mio stupore quando ieri notte, dopo una discreta dose di Nile, la birra locale, ho ritrovato Cassiopea! Era ribaltata di 180 gradi. Allora mi sono allontanato dal cono di luce del bar, e sono rimasto a bocca aperta: Orione era lì, sopra di me; c’è sempre stata! Solo che l’arciere era schiena a terra e puntava ancora più in alto. Nel mio cuore qualcosa si rimise a posto e trovò pace. Sai, di notte l’Africa ridiventa quel continente impenetrabile di cui leggevamo nei libri di scuola. Come quella volta che Margaret, una mia collega nata e vissuta a Kalongo, mi ha intimato di non fischiare di notte. Che diamine, disse,  non sei mica uno stregone… Sarà stupido, ma è stato più semplice addormentarsi quella sera.

Paolo Rumiz, Il bene ostinato

Protetto: Laura e Ale

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